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ITINERARIO 22 (Predappio)
ACQUACHETA, CAMMINO VERSO IL PARADISO
CARTA ESCURSIONISTICA CONSIGLIATA: PARCO NAZIONALE DELLE FORESTE CASENTINESI, MONTE FALTERONA CAMPIGNA 1:25000
Distanza: 10 km Durata: una giornata Periodo consigliato: da marzo a maggio Partenza e arrivo: San Benedetto in Alpe
Classico, classicissimo, in certi periodi dell’anno affollato, il sentiero che da San Benedetto in Alpe porta con una ripida ascesa alle Cascate dell’Acquacheta è un itinerario speciale. In particolare se percorso da marzo a maggio, quando il torrente è colmo d’acqua, le cascate ingrossate e la pista sgombera da comitive chiassose. Dante Alighieri percorse questo sentiero intorno al 1300. Allora era una strada “maestra” che collegava il Mare Adriatico al Tirreno. Il sommo poeta descrisse la cascata nel XVI canto dell'Inferno. Dopo aver lasciato l’abitato di San Benedetto, ci si accorge subito di quelli che saranno i temi principali che accompagneranno l’escursionista lungo il tragitto: la folta vegetazione, roverelle, lecci, ontani, il silenzio accompagnato dal fragore più o meno intenso dell’acqua che scorre nel vicino torrente dell’Acquacheta, il canto di qualche abitante del bosco. L’itinerario non è troppo impegnativo, pur presentando dei tratti di salita. 5 km ed un dislivello di circa 250 metri per raggiungere la base della cascata e un altro strappo ripido per la cima della caduta, sull’altopiano erboso dei Romiti. Il respiro affannato, le gocce di sudore, il bruciore alle gambe, saranno contraccambiati da quello che è uno degli spettacoli più belli che la natura romagnola sa regalare: l’acqua scorre quieta nell’altopiano dei Romiti che tanto assomiglia, per tranquillità, colori e pace, all’immagine stereotipata del Paradiso e quando la terra, mista sabbia e roccia, gli viene a mancare, piomba irregolare da più di sessanta metri, rotolando, sbattendo, schizzando sulla parete di arenaria.
DA NON PERDERE Capanno del Rospo Molino dei Romiti Cascate dell’Acquacheta Cascata Lavane Altopiano dei Romiti Antico Eremo “Letto di Dante” Abbazia di San Benedetto in Alpe |
PERCORSO

Piana dei Romiti |
L’itinerario parte da San Benedetto in Alpe, piccola cittadina di origine etrusca che sorge nell’Alta Val Montone, e permette di raggiungere, seguendo il “sentiero dantesco”, la caduta dell’Acquacheta. Raggiunto l’abitato posto sulla S.S. 67 del Muraglione, si svolta a destra nella piazzetta principale dove è possibile posteggiare l’automobile. L’attacco del sentiero, segnalato anche tra i Sentieri Natura del Parco Nazionale Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, è a poche decine di metri sull’argine destro del torrente Acquacheta, che poco più a valle sfocia nel fiume Montone. Perfettamente segnato, il percorso non si allontana mai dal piccolo corso d’acqua e presenta dei punti di sosta in cui è possibile osservare caratteristiche peculiari della vegetazione, della geologia e della storia del territorio che si sta attraversando. La partenza è a circa 485 metri s.l.m. e l’arrivo a 750 metri s.l.m., sulla piana dei Romiti, così chiamata per la presenza di un antico eremo benedettino. Il primo tratto dell’itinerario, ricco di boschi di ontani, è pianeggiante e non presenta particolari difficoltà. La valle ancora ampia permette di osservare le pareti di marnosaarenacea, formazioni geologiche irregolari e bizzarre tipiche dell’Appennino forlivese. Attraverso una serie di ponti in legno si oltrepassano scoli d’acqua che scendono ripidi dalle montagne tra la Valle del Montone e quella del Tramazzo. Si entra poi nel fitto della boscaglia e il sentiero si fa a tratti impegnativo, con una serie di saliscendi ripidi, ma mai pericolosi. |

Cascata dell’Acquacheta |
In questo punto il percorso si biforca: a destra si sale verso località Trafossi, a sinistra, seguendo il torrente, si prosegue verso le cascate. Dopo poche centinaia di metri, il bosco si apre e lascia spazio ad un piccolo pianoro in cui sorge il Capanno del Rospo, un piccolo edificio in pietra utilizzato in passato dai pastori come ricovero attrezzi e oggi come rifugio alpestre. Quello che appare come una semplice traccia in terra battuta era, nel XI secolo, una delle principali vie di comunicazione che consentiva di attraversare gli Appennini, unendo il mare Adriatico con il Tirreno, e permetteva di raggiungere città di grande importanza come Firenze. Dante Alighieri la percorse quando esule, dal capoluogo toscano, raggiunse attraverso questo sentiero l’abitato di San Benedetto in Alpe ove sorgeva una importante comunità religiosa. Si possono ancora oggi intravedere tratti dell’antico selciato. Si prosegue all’ombra della vegetazione fino ad arrivare al Molino dei Romiti dove si consiglia una breve sosta. La costruzione in sasso, con il tetto di arenaria, è un vecchio mulino che poggia sull’argine del torrente, in un punto in cui l’acqua rallenta e crea un’ansa dalle tinte verdi. Il mulino era a sevizio dell’antico Eremo. La parte bassa dell’edificio è sempre aperta, anche se non troppo pulita, e può offrire un riparo in caso di necessità. Il prato, i sassi, le panchine di legno e una fonte di acqua posta alcune decine di metri a monte offrono un comodo luogo di ristoro. Manca meno di un chilometro alle cascate. Da qui comincia il tratto, seppur breve, più impegnativo dell’itinerario che presenta alcuni ripidi saliscendi. Una quindicina di minuti di cammino prima di poter vedere sulla sinistra, annunciata dal fragore della picchiata, la cascata dell’Acquacheta. Alcune panchine danno la possibilità di sedersi proprio nel punto in cui, con ogni probabilità, Dante Alighieri si fermò per osservare e descrivere la cascata dell’Acquacheta. Generata dall’omonimo torrente, la caduta ha un’altezza di circa 70 metri e una larghezza che supera i 10 metri nel periodo primaverile. L’itinerario prosegue ora verso la sommità della caduta: prima una ripida discesa poi una stretta conca. Sulla destra si trova un’altra suggestiva cascatella chiamata Lavane: l’acqua cade in picchiata per alcuni metri e finisce in uno specchio d’acqua profondo e di colore verde brillante, bordato, come in una piscina naturale, da rocce di arenaria. Attraversato il piccolo ruscello, si affronta l’ultima salita. Duecento, trecento metri prima di affacciarsi sull’altopiano alluvionale dei Romiti: un “pratone” verde, qualche quercia e il torrente che scorre lento e appiattito prima di precipitare dando vita alla cascata. Qui si trovano i resti dell’antico Eremo appartenuto all’Abbazia di San Benedetto in Alpe. Il consiglio è quello di voltare a sinistra, attraversare il torrente e raggiungere il grande piano di pietra posto sulla cima della caduta. L’enorme sasso a sbalzo sulla valle sottostante è comunemente chiamato “il letto di Dante". Con questa ultima tappa si conclude il percorso. Il ritorno lo si effettua per lo stesso tragitto dell’andata, facendo attenzione alle discese che in certi tratti possono risultare bagnate e scivolose. Una volta tornati a San Benedetto, attenzione particolare merita l’Abbazia, posta in località Il Poggio, a poco più di un chilometro dalla S.S. 67. I resti, di origine medioevale, del luogo di culto benedettino, ancora ben conservati, testimoniano l’importanza che l’ultimo paese romagnolo della Val Montone ha rivestito nei secoli passati. |
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APPROFONDIMENTI
• L’ABBAZIA DEL POGGIO
San Benedetto in Alpe è un luogo di grande spiritualità, meta eletta di pellegrini ed eremiti, che vollero il loro tempio in cima al poggio che domina il borgo. La prima Chiesa di San Benedetto, secondo le ipotesi degli storici, venne consacrata nel 853 da Papa Leone IV. Certo è che fece visita agli eremiti del Poggio San Romualdo, tra il X e l’XI secolo. A protezione del tempio venne costruito il Castrum Sancti Benedetto in Alpibus. Quando Dante Alighieri, esule da Firenze, soggiornò a San Benedetto, tra il 1302 e il 1303, il Monastero Bendettino era divenuto una splendida e fiorente abbazia, ricca di anime e di terre. Camminando lungo la via principale, dedicata al poeta che qui compose molti canti della Divina Commedia, si stenta a credere che la fitta coltre di case fosse interamente abitata dai monaci. Arrivata all’apice del suo splendore, l’abbazia iniziò il suo lento declino, fino a che Papa Alessandro VI decretò la soppressione dell’ordine Benedettino, nel 1499. San Benedetto divenne il luogo di una semplice parrocchia; l’antica chiesa a croce latina venne demolita e fu ricostruita nel 1723 una chiesa a navata unica, che continua a dominare dal Poggio la sacralità dei boschi e il paesaggio dantesco. |
• IL FUNGO PORCINO
Il boletus edulis, comunemente noto come fungo porcino, è un fungo ottimo e ricercato. Il porcino ha il cappello bruno chiaro, talvolta rossastro, la sua carne è soda e bianca, dal gradevole odore, squisita al palato tanto da essere consumata anche a crudo. Cresce in maniera spontanea in tutte quelle zone appenniniche ricche di conifere e latifoglie, da luglio a ottobre. Nelle zone di montagna dell’Emilia Romagna le altre varietà di boletus diffuse sono: la pinicola, l’aereus e l’aestivalis. Per la raccolta dei porcini è necessario munirsi del tesserino rilasciato dalla Comunità Montana dell’Acquacheta.
www.comunita-montana-acquacheta.fc.it tel: 0543.950141 |
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SITI INTERNET D'APPROFONDIMENTO
• www.sanbenedettoinalpe.it
• www.parks.it/parco.nazionale.for.casentinesi/
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Data: 15/2/2025 |
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