52 Domeniche in Romagna
 
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ITINERARIO 23 (Predappio)
     
LUNGO LA VALLE DEL FIUME MONTONE
LUNGO LA VALLE DEL FIUME MONTONE
Distanza: 130 km
Durata: una giornata
Periodo consigliato: da marzo ad ottobre
Partenza e arrivo: Dovadola

Una linea di asfalto, contornata da colline e borghi e accompagnata dallo scorrere a curve del fiume Montone, è il terreno su cui si srotola, in una serie infinita di tornanti, questo itinerario.
Conosciuta e apprezzata dai centauri, questa salita, prima docile e poi irta, in poco meno di 60 km ci porta alla vetta di uno dei passi più importanti che divide Romagna e Toscana, quello del Muraglione. Questa strada offre davvero molte sorprese, tanto che i chilometri quasi non pesano e le soste sono continue, diverse e sempre giustificate da immagini preziose, semplici, spesso inaspettate. Il tempo di percorrenza è di una giornata.
L’itinerario è da affrontare con calma, concedendosi, oltre a quelle suggerite, tutte le pause e le deviazioni che si ritengono opportune. Si parte dalla piccola cittadina di Dovadola per poi sfiorare contrade ricche di storia locale come Rocca San Casciano, Portico, Bocconi e siti religiosi importanti come quello di Monte Paolo, San Donnino in Soglio e l’Abbazia di San Benedetto in Alpe fino ad un breve passaggio nel paese di Predappio. Bellezze sprofondate in un paesaggio naturale importante, fatto di boschi, foreste, montagne e fiumi: scorci che rimarranno scolpiti nella memoria di ogni visitatore attento. Tappa finale è il Passo del Muraglione, storico valico che divide le province di Forlì e di Firenze, realizzato nel 1836 come una delle più ardite opere di ingegneria dell’epoca.


DA NON PERDERE
Rocca dei Conti Guidi
Eremo di Monte Paolo
Palazzo Pretorio
Torre Civica
Il Ponte della Brusia
Cascate dell’Acquacheta
Museo della Flora e della
Fauna Locale
Palazzo del Fascio
Tomba di Mussolini
PERCORSO
PERCORSO
Veduta della Rocca dei Conti Guidi a Dovadola
L’itinerario segue la S.S. 67 Tosco-Romagnola direzione Firenze. Punto di partenza è Dovadola, paese caratterizzato da un fortilizio eretto dai Conti Guidi che domina sulla piccola cittadina, e più recentemente conosciuto per aver dato i natali a Benedetta Bianchi Porro.
La casa della “santa”, colpita fin da giovane età da una malattia degenerativa, cui sono stati attribuiti atti eroici e di misericordia, è stata trasformata in un museo.
Poco prima dell’abitato di Dovadola (in direzione Forlì), deviando a sinistra, si raggiunge la località Monte Paolo. Dopo 6 km di curve, bordate da campi coltivati e macchia mediterranea, si giunge al santuario dedicato a Sant'Antonio da Padova, monastero che risale all'inizio del XX secolo. Una breve passeggiata lungo il Sentiero della Speranza permette di visitare la grotta in cui il santo si ritirò in preghiera.

Torre Civica di Rocca San Casciano
Lasciando l’abitato di Dovadola alle spalle, si raggiunge Rocca San Casciano, il centro di maggior interesse economico della vallata, che vanta un bel centro storico. La centrale piazza Garibaldi, contornata dal Palazzo Pretorio, dalla Torre Civica e dalla Chiesa del Suffragio, merita una breve visita. A Rocca San Casciano, inoltre, si possono trovare ottimi ristoranti che offrono specialità tipiche. Prima di riprendere il percorso principale, si consiglia un’altra breve deviazione.
Imboccata la strada provinciale per San Zeno, dopo circa 4 km, si trova infatti l’antico monastero benedettino di San Donnino in Soglio, risalente al 1100: fu una delle più importanti abbazie della Romagna Toscana. Posta su un colle a 480 metri s.l.m., è oggi in condizioni precarie e al suo interno conserva l’affresco “Episodi della vita di San Donnino” della fine del XIV secolo. L’itinerario prosegue lungo la S.S. 67 fino a Portico di Romagna.

Veduta di Portico di Romagna
Il piccolo abitato, a discapito delle sue ridotte dimensioni, rappresenta un gioiello incastonato tra le colline lungo il fiume Montone.
D’obbligo una passeggiata tra le sue strette e ben curate vie e la discesa, lungo strada del Borgo al Ponte, fino all’argine del fiume, dove sorge il ponte a schiena d’asino di origine romana, detto “Ponte della Maestà”.
L’abitato conserva l’aspetto medioevale.
Da vedere anche la Torre Portinari, già torre del Castello dei Conti Guidi, la Torre dell’Orologio del secolo XV e la Pieve, sorti nella parte alta del paese, sui resti dell’antico castello. Lasciato Portico ci si rimette in marcia, ma dopo appena 4 km si incontra Bocconi: la via del Borgo, con il vecchio mulino, la piccola cascata e il ponte a tre arcate della Brusia, costituiscono un bella attrattiva.
Si sono percorsi circa 40 km dalla partenza e da questo punto in avanti la vallata si fa sempre più stretta, più ricca di alberi e vegetazione, più selvaggia. Le abitazioni sono sempre più rade e anche le automobili sembrano ridursi di numero.

Ponte della Brusia a Bocconi
L’ultimo abitato romagnolo della Valle del Montone è San Benedetto in Alpe, frazione di Portico di Romagna.
Proprio questo suo isolamento e la sua natura selvatica sono gli elementi più affascinanti di questo paesino isolato e tranquillo, che è stato per molti anni meta spirituale e di pellegrinaggio.
Ne è testimonianza concreta l’Abbazia Benedettina che si trova nell’antico agglomerato di case chiamato Il Poggio.
Da qui parte anche il sentiero trekking che, in 2 ore circa di cammino, conduce ai piedi della Cascata dell’Acquacheta, vero spettacolo della natura, raccontata anche da Dante Alighieri nella Divina Commedia. Da San Benedetto in Alpe mancano 12 km per raggiungere la vetta del Passo del Muraglione. Ricca di vegetazione e quasi completamente isolata, la strada sale prima dolcemente e poi si impenna in una serie di ripidi tornanti che, in poche curve, portano ai 985 metri del Passo: un piazzale, un muro in pietra che dà il nome al valico, un paio di bar e un albergo.
Dal Muraglione si può ammirare il gruppo del Monte Falterona e la fitta boscaglia che ricopre le montagne.
Il complesso forestale del Muraglione si estende per 212,8 ettari di bosco, coperto di abeti bianchi e rossi, pini neri e pini silvestri, faggi e cerri. Scendendo di quota, sotto i 600 metri s.l.m., ci si imbatte in ornielli e aceri campestri, roverelle e carpini, fino ad incontrare i castagni da frutto.

Torre cilindrica di Premilcuore
Fu il Consorzio di Bonifica, che acquistò da privati l’area sita nel Comune di San Godenzo, a dar via ad un’ampia opera di rimboschimento, tra il 1966 e il 1976. Oggi si può godere di questo verde polmone di boschi cedui e di conifere: numerosi i sentieri di trekking che dipartono verso Toscana e Romagna. Da non perdere una visita al locale “Da Giovanni”, aperto tutti i giorni, in cui si respira l’atmosfera delle vecchie osterie di confine e si fondono tradizioni toscane e romagnole.
Qui termina l’itinerario.
Il ritorno può essere effettuato scendendo sul versante toscano e, dopo aver passato la piccola località di Cavallino, seguendo l’indicazione a sinistra, si raggiunge Premilcuore, dopo aver valicato il Passo dei Tre Faggi. Il borgo posto a 450 metri s.l.m. sulle sponde del Rabbi, è una meta turistica estiva, che offre acque limpide e punti per raggiungere il fiume. Il centro, fatto di case in pietra, è racchiuso entro mura di origine medioevale.
Da visitare, inoltre, la Pieve cinquecentesca di San Martino all’Oppio e il Museo della Flora e della Fauna Locale. Proseguendo lungo la S.S.9 ter, direzione Forlì, passati gli abitati di San Zeno e Tontola, si giunge a Predappio, paese famoso per aver dato i natali a Benito Mussolini.
“La città progettata”, così viene definita per il fatto di essere stata voluta e in parte edificata dal Duce, su immagine dello stile architettonico dell’epoca fascista, ospita oggi la tomba di Mussolini ed è meta di turismo. Famosi sono edifici come il Palazzo del Fascio, il Palazzo Varano e la Chiesa di San Cassiano in Pennino. Da Predappio si prende la Strada Statale che corre lungo il fiume Rabbi in direzione Forlì. Sulla sinistra si incontra Villa Pandolfa, imponente costruzione, che prende il nome da Pandolfo Malatesta, ora ristorante ed azienda vitivinicola, mentre, sulla destra, un paio di chilometri oltre Predappio, si trova la chiesa di Sant’Agostino, del XII secolo.
Al suo fianco sorgeva un eremo e, al suo interno, riporta degli affreschi che rappresentano l’immagine singolare della Ballata della Morte. Si prosegue verso Forlì fino a raggiungere l’abitato di San Lorenzo in Noceto.

La tomba di Benito Mussolini
Prima di entrare nel paese si svolta a sinistra e si prosegue lungo la strada secondaria che sale sul colle. Una volta raggiunta la sommità, si scende per una serie di tornanti che in un paio di chilometri raggiungono la S.S. del Muraglione alle porte di Castrocaro, dove si svolta a sinistra per raggiungere Dovadola.

Chiesa di Sant’Antonio da Padova a Predappio
Tipiche in questa area la formazione calanchiva delle rocce e la vegetazione mediterranea ricca di arbusti, quali ginestre, biancospino, rosa canina, prugnolo selvatico. Dopo circa 3 km si giunge ad un bivio dove si segue a sinistra verso Monte Maggiore. La strada, molto suggestiva, comincia nuovamente a salire fino alla sommità del monte. Da qui si svolta a destra per raggiungere nuovamente Dovadola.
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APPROFONDIMENTI

IL MURAGLIONE
Agli inizi del 1800, i collegamenti tra la Romagna e la Toscana erano disagevoli, fatti da mulattiere e sentieri. Per questo il Granduca di Toscana Leopoldo II, istituì il Corpo degli Ingegneri e, fra il 1830 e il 1840, inaugurò una vasta opera di ingegneria per aprire, in particolare, le vie di comunicazione tra le due terre divise dall’Appennino.
La linea da preferire fu individuata in un tragitto che seguiva il fiume Montone, saliva sul Falterona e correva lungo il dorso dell’Appennino fino a Colla dei Pratiglioni per discendere poi verso Firenze. Lo stesso tragitto era stato studiato da Napoleone I, nel 1809, per collegare Rimini a Firenze per motivi strategici. Leopoldo II volle così che fosse aperta una carrozzabile, per agevolare viandanti e mercanti che passavano in quel territorio di confine. Fu necessario l’utilizzo di esplosivo, per scavare un passaggio nei fianchi della montagna, e la grande opera di ingegneria fu inaugurata nel 1832. Raggiunto il crinale fino a Colla dei Pratiglioni, a 907 m.s.l. vennero edificati una casa cantoniera, un ospitale e un alto muraglione, a protezione di vetture e viandanti, da cui deriva la denominazione del passo.

FESTA DEI FALÓ A ROCCA SAN CASCIANO
FESTA DEI FALÓ A ROCCA SAN CASCIANO
La tradizione dei fuochi è molto antica e la memoria si perde nei secoli, qualora se ne voglia ricostruire la storia. Ogni anno in primavera, dopo la pulizia dei campi per la nuova semina, si accumulano cataste di rovi e sterpaglie che vengono bruciate il 18 marzo, prima della festa di San Giuseppe.
La cenere un tempo veniva utilizzata come fertilizzante nei campi e il fuoco era vissuto come un rito propiziatorio per la fertilità e l’abbondanza del raccolto. La fugarena o focarina di Rocca San Casciano è un rituale fortemente sentito e partecipato, motivo di rivalità e contesa tra rioni. Sugli argini del fiume Montone, presso il seicentesco Ponte Vecchio, già dall’Epifania, venivano accatastati tralci di vite, rovi e sterpi, che alimentavano una vera e propria sfida, soprattutto tra le contrade del Buginello e del Mercato, per riuscire a fare il fuoco più alto e più intenso.
Oggi come allora gli abitanti di Rocca San Casciano festeggiano la festa dei falò con canti e vino rosso e accolgono i visitatori con calore e amicizia, l’ultimo fine settimana di marzo. All’accesa disputa tra le contrade, si sostituisce una pittoresca sfilata di carri del rione Borgo e del rione Mercato. Le vie del borgo, le sponde del fiume si riempiono di persone e si intonano ancora vecchi canti: “chi ha la rabbia al cuore si metta al tavolino con un bicchier di vino e la rabbia passerà”.

LA MADONNA DEL FASCIO E L’ORATORIO DI SANTA ROSA
LA MADONNA DEL FASCIO E L’ORATORIO DI SANTA ROSA
L’Oratorio di Santa Rosa da Lima venne edificato tra il 1925 e il 1928, su progetto dell’architetto Di Fausto, come asilo infantile e oratorio. Fu la prima chiesa costruita nella Predappio Nuova, oggi particolarmente famosa poiché ospita una singolare opera musiva. Si tratta della Madonna del Fascio: un grande pannello mosaicato che ricopre un’intera parete del refettorio (320x260 cm), composto da 380 piastrelle realizzate e dipinte in Portogallo nel 1927, da Leopoldo Battistini e Viriato Silva, assemblate in loco. L’opera è un finissimo esempio dell’arte portoghese e dello stile azulejo, che si mescola con elementi dell’iconografia rinascimentale, realizzando un singolare e suggestivo connubio. Le formelle del mosaico partirono da Lisbona alla volta della Rocca delle Caminate, ma Benito Mussolini stabilì che fossero condotte all’Oratorio di Santa Rosa, nel sacro ricordo di sua madre Rosa. Il mosaico raffigura la Madonna col Bambino attorniata da angeli musicanti. La composizione è chiusa entro una finta cornice architettonica; la profondità spaziale è resa dagli archi aperti alle spalle della Vergine, da cui si affacciano stemmi sabaudi e stendardi fascisti, ma la peculiarità dell’opera risiede ai piedi del trono, dove due angeli porgono in dono alla Madonna e a Gesù bambino un grande Fascio littorio, che oggi risulta celato dalle rose che vennero poste a seguito della caduta del Fascismo da una suora, onde evitare che l’opera potesse essere distrutta.
L’Oratorio di Santa Rosa custodisce inoltre un dipinto su tavola di scuola toscana del XVI secolo: La Madonna del Libro e una statuetta in legno del 1928 di fabbrica italiana.
Per visite all’Oratorio è possibile contattare le suore Orsoline al numero 0543.922249 o approfittare della festa che celebra Santa Rosa da Lima ogni anno il 27 di Agosto.


SITI INTERNET D'APPROFONDIMENTO

www.comune.dovadola.fc.it
www.comune.roccasancasciano.fc.it
www.comune.portico-e-san-benedetto.fc.it
www.comune.premilcuore.fo.it
www.comune.predappio.fo.it

 
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Data: 15/2/2025
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