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ITINERARIO 9 (San Piero in Bagno)
IL SENTIERO DEI PELLEGRINI, ANTICA AUTOSTRADA
CARTA ESCURSIONISTICA CONSIGLIATA: CARTOGRAFIA BAGNO DI ROMAGNA 1:25000 ISTITUTO GEOGRAFICO ADRIATICO
Distanza: 16,5 km Durata: una giornata Periodo consigliato: da marzo a novembre Partenza e arrivo: Gualchiere DIFFICOLTÀ ELEVATA
I pellegrini percorrevano questa strada quasi mille anni fa. Allora i sentieri erano come autostrade: le vie più dirette, veloci e meno pericolose per raggiungere La Verna, Camaldoli, Roma. Mettevano in comunicazione la Romagna con la Toscana, il mare Adriatico con il Tirreno. Oggi sono sentieri ideali per l’escursionismo, immersi in una natura rigogliosa e in un territorio selvaggio posto nell’alta Valle del Savio. Punto di partenza e arrivo è la località Gualchiere, nei pressi dell’antico mulino. La prima parte di questo percorso sale proprio lungo la strada dei pellegrini fino al Passo Serra, dove un cippo in pietra ricorda l’origine antica della via. La passeggiata prosegue poi lungo il mitico sentiero 00 C.A.I. che si snoda lungo la cresta appenninica offrendo panorami mozzafiato. Passato il Valico dei Mandrioli comincia la discesa su un sentiero panoramico di grande effetto in cui lo sguardo può spaziare lungo i crinali dell’Appennino tosco-romagnolo. L’itinerario è impegnativo e sconsigliato, se percorso per intero, a chi non è ben allenato: la lunghezza supera i 16 km con strappi in salita molto difficili.
DA NON PERDERE Mulino delle Gualchiere Maestà di Lorenzo il Birbone Podere Fissatone Passo Serra Passo Mandrioli |
PERCORSO

Maestà di Lorenzo il Birbone |
L’attacco del sentiero C.A.I.177 si trova sulla S.P. 138. Da Bagno di Romagna si prosegue in direzione Verghereto e oltrepassato il bivio per il Passo dei Mandrioli, si raggiunge la località Romitorio e poi si segue la destra per le Gualchiere: questo gruppo di case è divenuto una importante struttura ricettiva per il turismo amico della natura. L’omonimo mulino è una struttura dalle origini antiche. Alcuni documenti lo ricordano come esistente prima della metà del 1500. Uno stemma posto sull’edificio, il Leone Rampante con una pietra preziosa, ricorda i Balassini: famiglia di spicco che oltre a svolgere il lavoro di mugnai, impiantò in questi luoghi una segheria, una tintoria e una tessitura di lana. Sulla destra alcuni cartelli segnaletici in legno indicano la direzione. La prima parte del percorso segue l’argine del fosso delle Gualchiere in una stretta valle. Dopo poco si raggiunge un ponte ad unico arco che permette di attraversare il torrente. Percorso il passaggio in pietra, si incontra una cella: tre muri ed un tetto in lastre di pietra. Questa piccola struttura risale alla fine del Seicento. Chiamata Maestà di Lorenzo il Birbone, era utilizzata come rifugio per i viandanti che salivano al Passo Serra. Il sentiero prende a salire con ripide rampe su un costone di galestro immerso in una vegetazione fitta e rigogliosa fatta di alberi da frutto selvatici, carpini, roverelle. Tra le specie arboree si possono trovare l’orchidea, il giglio, il mughetto. La mulattiera continua a salire nervosa e ripida fino a giungere all’ampio pianoro di Nasseto. Posta a 900 metri di altitudine, il podere di Ca’ Nasseto, annunciato da un grande acero, era formato da due edifici. Abbandonato nel 1967, in questo luogo nell’800 sorgeva un’osteria, locanda per i pellegrini diretti al santuario de La Verna. I resti del passato indicano come queste mulattiere rappresentassero un tempo delle vere e proprie vie di comunicazione. Già nel 1200 questa traccia era indicata ai pellegrini come il miglior percorso che metteva in contatto Bologna e Roma. Il sentiero continua stretto tra file di aceri campestri, carpini e cerri. |

Mulino delle Gualchiere |
Sbucati su un ampio prato si ignora la deviazione sulla sinistra verso Castel dell’Alpe e si prosegue diritto lungo un tratto di pietra friabile in cui occorre prestare attenzione. Il tragitto è comunque breve e in poco tempo il terreno si ricompatta e il percorso, sempre in salita con stretti tornanti, entra in una bella faggeta che borda le pendici del Monte Zuccherodante. Il territorio sulla destra fa parte della Riserva Integrale Fosso del Capanno, una porzione di territorio lasciata selvaggia e senza la presenza, dell’uomo per preservare specie animali e vegetazione. Questo tratto è impegnativo fino a giungere al Passo Serra, una piccola sella tra il Monte Zuccherodante e il Monte Alpuccia posta a 1099 metri. Un cippo in pietra racconta nelle sue iscrizioni l’importanza che ebbe in passato questo valico, collegamento dei traffici commerciali tra Romagna e Toscana, tra l’Europa e ,Roma. Lasciato il passo, dopo 1 km circa, si incrocia il sentiero di crinale C.A.I 00. Si svolta a destra e si cammina sulla cresta in un continuo di brevi saliscendi ad un altitudine attorno ai 1000 metri s.l.m. La mulattiera è divenuta pista forestale e alterna tratti di bosco e alpeggi fino a giungere, dopo aver oltrepassato una deviazione sulla sinistra per Corezzo, al Passo dei Mandrioli (1173 metri s.l.m.). Si raggiunge la strada asfaltata che collega Badia Prataglia a Bagno di Romagna e la si attraversa continuando a seguire le indicazioni del sentiero C.A.I. 00 che fiancheggiano per circa 1 km la strada principale. Poi si svolta a destra affrontando una ripida salita che porta in breve ad un punto panoramico posto a 1256 metri s.l.m. Val la pena spendere alcuni minuti per godere della splendida visuale che si può ammirare da questo punto. Da qui lo sguardo spazia sull’Appennino che sovrasta la Valle del Savio e quella del Bidente. Il sentiero si snoda poi sul crinale parallelo alla S.P. 71 che corre poche centinaia di metri più a valle sulla destra. Oltrepassata Cima del Termine, si lascia il sentiero 00 che scende a sinistra e si continua tenendo la destra sul sentiero 201. A Prato dei Grilli si ignora la deviazione sulla destra e si prosegue fino al bivio successivo. All’incrocio lasciamo il sentiero 201 e si prende il sentiero 185 che troviamo alla nostra destra: la traccia scende stretta verso la Valle del Savio ed offre un bellissimo panorama sul lato di destra. La vegetazione è a tratti rigogliosa e, sempre sulla destra, si apre la valle del Fosso della Becca. Superati alcuni ruderi, si scende rapidamente in un susseguirsi si curve fino a raggiungere la S.P. 71. Al bivio si svolta a sinistra e, giunti a fondovalle, si gira a destra per raggiungere le Gualchiere. |
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APPROFONDIMENTI
• FOSSO DEL CAPANNO, AREA NATURALISTICA INTEGRALE
Questa area, definita Wilderness perché lasciata selvaggia e senza l’intervento dell’uomo, si trova nella Valle dei Mandrioli nel comune di Bagno di Romagna. La riserva integrale può vantare il primato di essere stata la prima area naturale di questo tipo in Italia. La sua fondazione risale al 1988 e allora comprendeva un’area di circa 118 ettari. A questi ne sono stati aggiunti altri, di appartenenza all’Azienda Regionale delle Foreste dell’Emilia Romagna e al comune di Bagno di Romagna, tra il 1990 e il 1992. Attualmente la superficie totale è di 535 ettari. L’area è pressoché inaccessibile e al suo interno non esistono strade o edifici. La riserva vanta un territorio piuttosto complesso, fatto di pareti di roccia scoscese, gole, creste e una grande quantità di torrenti dove vivono indisturbate numerose trote e gamberi di fiume. Il Fosso del Capanno ha una vegetazione di roverelle, cerri, carpini, noccioli, faggi e abeti ed è habitat ideale per la vita della fauna selvatica tipica dell’Appennino romagnolo. Da segnalare la presenza dell’aquila reale e di altri rapaci di grande interesse come il gufo reale e l’astore. Molto diffusi sono cervi, tassi, caprioli, daini, faine e il lupo, segno inequivocabile della qualità dell’ambiente di questa area. |
• PERA COCOMERINA
Questo tipo singolare di pera, piccola e molto profumata cresce in modo spontaneo nell’Appennino tosco-romagnolo, a pochi chilometri dal Monte Fumaiolo. Da alcuni anni questo frutto dimenticato è divenuto Presidio Slow Food istituito con il sostegno della Comunità Montana dell'Appennino Cesenate e l'attento lavoro del comune di Verghereto e dell'Associazione Pro-Ville. Le sono state riconosciute tutte le eccellenti qualità organolettiche, nonché il legame storico con il territorio, essenziale per entrare nel novero dei prodotti di qualità a rischio di estinzione. Il nome deriva dalla polpa rossastra con numerosi semi al suo interno che ricorda, appunto, il cocomero. Di forma ovoidale, dal peso tra i 20 e 60 grammi, presenta un picciolo lungo e legnoso e un colore verde talvolta rossastro sulla parte esposta al sole. Il nome scientifico è Pyrus comunis. Non esiste un vero e proprio metodo di coltivazione poiché la stessa cresce su piante spontanee sparse per lo più su crinali. Il periodo di maturazione va da metà agosto ai primi di settembre. La terza settimana di settembre si svolge presso Ville di Montecoronaro a Verghereto, la sagra della Pera Cocomerina, giunta alla sua 4° edizione. Esiste anche un sito internet, www.peracocomerina.it, in cui è possibile leggere tutte le caratteristiche e curiosità relative a questo frutto e le informazioni sui luoghi dove poterlo acquistare. |
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SITI INTERNET D'APPROFONDIMENTO
• www.bagnodiromagnaturismo.it
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Data: 1/10/2023 |
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